Litfiba, il miglior rock italiano dagli esordi alla reunion 2013

di luca.pistolesi 11 giugno 2013
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I Litfiba sono la migliore rock band italiana, o almeno lo sono stati per un lunghissimo periodo. La loro storia trentennale, il loro sapersi adattare ai tempi e agli stili, sempre con un occhio a quello che succedeva nel mondo (e non al proprio italico ombelico) hanno consentito al gruppo toscano di guadagnarsi un posto di primo piano nella storia del rock italiano. Perché se è vero che sono criticabili per tanti aspetti della loro parabola musicale, i Litfiba rimangono comunque una spanna al di sopra delle altre rock band italiane. Ne sono una prova proprio quelle stesse critiche: solo a chi è stato in cima si può imputare di essere sceso in basso.

litfiba-anni-80

GLI INIZI

La loro storia comincia all’inizio degli anni Ottanta: Federico Renzulli, detto Ghigo, è un chitarrista fiorentino appena tornato da un’esperienza di due anni a Londra. Nella capitale inglese ha vissuto direttamente l’ultima fase del punk, quella “dark” denominata new wave, ed è deciso a importarla in Italia. Dopo una breve parentesi nei Cafè Caracas, gruppo del quale fa parte anche Raffaele Riefoli (che diventerà famoso col nome di Raf), Renzulli decide di mettere su un gruppo 100% new wave.

Mette un annuncio su un giornale: risponde subito Gianni Maroccolo, talentuoso bassista fiorentino, cui si aggiungono presto Antonio Aiazzi alle tastiere e Francesco Calamai alla batteria. La line up viene completata con un cantante atipico, un “animale da palco” molto giovane e con la fama di devastatore di case altrui: Piero Pelù. Renzulli inventa il nome della band: Litfiba, (L. ITalia FIrenze via dei BArdi) che sarebbe la sigla telex della cantina in cui fanno le prove, in via dei Bardi 33.

LA GAVETTA

I primi anni sono molto difficili: la new wave fatica a varcare i confini dell’Italia e i Litfiba sono visti con diffidenza. Uno degli ostacoli principali è costituito dalla ferma volontà di Pelù (sostenuto dal resto del gruppo) di cantare canzoni in italiano: una scelta che le etichette discografiche non riuscivano ad accettare. Renzulli racconterà poi che alcuni discografici in quel periodo gli consigliarono di cambiare cantante.

Nel 1982 esce il primo EP, intitolato Litfiba, in cui compaiono le prime versioni di Luna e Guerra, canzoni che saranno poi riprese e modificate in lavori successivi. Nel 1983, con Renzo Franchi alla batteria, esce il 45 giri Luna/La preda; compongono inoltre la colonna sonora dello spettacolo teatrale Eneide di Krypton e partecipano con il brano Transea alla compilation Body Section. Nel 1984 cambia ancora il batterista, con l’arrivo di Ringo De Palma (vero nome Luca De Benedictis). Escono l’EP Yassassin (con due cover del brano di David Bowie e un inedito dal titolo Elettrica danza) e partecipano con due inediti alla compilation Catalogue Issue (Versante est e Onda araba).

LA TRILOGIA DEL POTERE

Gli anni di gavetta conducono i Litfiba al primo vero album di studio: Desaparecido, pubblicato nel 1985 dall’etichetta I.R.A Records di Alberto Pirelli, che sarà a lungo loro produttore. Oltre alle nuove versioni di La preda e Guerra, l’album contiene alcune canzoni che rimarranno a lungo nel repertorio live della band, da Istanbul a Eroi nel vento a Lulù & Marlene. In Desaparecido i Litfiba fanno intravedere quello che sarà il loro marchio di fabbrica: la contaminazione tra generi musicali e, in particolare, tra le sonorità propriamente punk e new wave anglosassoni e quelle più calde e mediterranee, fin anche ad accenni di musica orientale.

Sebbene ancora poco conosciuti in Italia, i Litfiba cominciano ad avere un seguito piuttosto nutrito in Francia, dove vanno spesso e volentieri in tournée. A livello compositivo, le canzoni sono attribuite genericamente ai Litfiba, i cui diritti SIAE in quel periodo appartenevano al solo Renzulli. In realtà, la paternità dei testi è di Pelù, mentre la linea melodica e l’arrangiamento sono frutto del lavoro di Renzulli e Maroccolo, con il supporto di Aiazzi e Pelù.

litfiba-17reL’album successivo viene considerato il capolavoro della band: 17 Re è decisamente più maturo e ambizioso di Desaparecido, pur essendo ancora pienamente un album new wave. Il tema centrale delle liriche è il rapporto con il potere, così come lo era stato in Desaparecido e come lo sarà nel successivo Litfiba 3: per questo i tre album saranno ricordati come la Trilogia del potere.

17 Re è un album semplicemente magnifico, in cui diversi generi e orientamenti musicali trovano un equilibrio innovativo, rivoluzionario, unico in Italia. L’album è doppio e contiene ben 16 tracce, tutte inedite: si spazia da veri brani punk come Resta e Gira nel mio cerchio agli psichedelici Pierrot e la luna e Vendetta, ai richiami latini e mediterranei di Ballata e Tango. A questi si aggiungono altri brani strepitosi come Apapaia, Sulla terra e Re del silenzio.

I testi sono visionari: è piuttosto inutile cercare di dar loro un senso compiuto, perché spesso non ce l’hanno. Alle didascalie si preferiscono le allusioni, alle favole le mitologie. Su tutto l’album regna poi un’atmosfera oscura, eppure calda e ammaliante, che molti attribuiscono agli arrangiamenti di Maroccolo.

Dal lunghissimo tour di 17 Re in giro per i locali di mezza Europa i Litfiba traggono il loro primo live 12-5-87 (aprite i vostri occhi), registrato al Tenax di Firenze, forse uno dei dischi live più genuini e belli della loro intera carriera, del quale larghi stralci sono oggi visibili su YouTube.

Nel 1988 i Litfiba pubblicano Litfiba 3, terzo e ultimo capitolo della Trilogia. Sebbene sia ancora considerato un album new wave, le sonorità oscure scompaiono quasi del tutto, e lasciano il campo a un approccio molto più diretto: è la prima svolta rock della band, che anticipa in qualche modo il percorso che intraprenderanno negli anni successivi. Litfiba 3 viene considerato, a ragione, l’album più politico della loro carriera: i temi sono pesanti, dalla pena di morte (Louisiana) alla devianza psichica (Ci sei solo tu) al genocidio degli indiani americani (Tex) alla vicinanza tra la Chiesa e le dittature (Santiago). Rispetto ai lavori precedenti, i testi di Pelù sono insolitamente limpidi: anche questo aspetto sarà una costante dei lavori successivi.

Litfiba 3 ottiene un buon successo di pubblico, impensabile fino a quel momento in Italia. I Litfiba capiscono che il rock, più della new wave, può trovare terreno fertile e battono questa strada: nel 1989 esce Pirata, un disco live largamente rielaborato in studio. È il disco che segna il passaggio tra la prima e la seconda fase del gruppo, sottolineato anche dall’abbandono della vecchia etichetta in favore della CGD.

Pirata contiene due inediti rock (Cangaçeiro e Il vento) e alcune vecchie canzoni (Dio, Tex, Lulù & Marlene) riarrangiate sempre in chiave rock. Le modalità con le quali Pirata viene pubblicato portano a una spaccatura nel gruppo. In particolare, Maroccolo si trova in totale disaccordo con il produttore Pirelli e decide di andarsene. Maroccolo porta con sé anche Ringo de Palma, che con lui andrà a formare la nuova line up dei CCCP.

GLI ANNI ’90 E LA TETRALOGIA DEGLI ELEMENTI

litfiba-poggipolliniSenza più Maroccolo e De Palma (che morirà tragicamente nel 1990), neanche Aiazzi figura più come coautore dei brani: il tastierista rimarrà infatti nella band fino al 1996, ma soltanto come turnista e collaboratore esterno. La responsabilità compositiva viene così assunta pienamente da Pelù e Renzulli, che firmeranno a quattro mani tutti i brani dei Litfiba negli anni ’90. Sono gli anni che consacrano la band come gruppo di massa: grandi tournée, palazzetti pieni, grandi vendite.

Sono anche gli anni, però, in cui la qualità e la freschezza della loro musica lasceranno via via spazio ai calcoli e alle alchimie commerciali, e porteranno a una dolorosa e inevitabile separazione. La line up della band subirà notevoli variazioni nel corso degli anni ’90: tra i più presenti vanno ricordati il percussionista Candelo Cabezas (coi Litfiba dal 1989 fino all’improvvisa morte nel 1997), Roberto Terzani (basso, ritmica e, dopo l’uscita di Aiazzi, tastiere), Daniele Bagni (basso dal 1993), Federico Poggipollini (seconda chitarra, fino al 1993), e i batteristi Daniele Trambusti (fino al 1992) e Riccardo Caforio (1993-1999).

Il primo album del periodo rock dei Litfiba è El diablo: pubblicato nel 1990, raggiunge lo straordinario risultato di oltre 400mila copie vendute. L’apertura al grande pubblico non è indolore: le atmosfere dark sono solo un ricordo (legato probabilmente alla presenza/assenza di Maroccolo), così come la psichedelia e i testi visionari. Il disco però non manca di energia e di freschezza: la virata rock fa senza dubbio bene a Renzulli, che può mettere a frutto la sua vena melodica negli assolo, e non fa male neanche a Pelù, cui i palchi dei piccoli club cominciavano ad andare stretti.

litfiba-eldiabloAlcune tracce di El diablo costituiranno negli anni successivi l’ossatura delle esibizioni live (apprezzatissime) dei Litfiba: tra queste la title track El diablo, Proibito e Gioconda. Molto apprezzabile anche l’intima Il volo, che Piero e Ghigo hanno voluto dedicare all’amico Ringo, portato via dall’eroina.

Nel 1992 esce un nuovo live, Sogno ribelle, che s’infila nel solco del precedente Pirata. Anche in questo caso, oltre all’inedito Linea d’ombra, l’album contiene pezzi del primo periodo dei Litfiba rivisitati e remixati in chiave rock. I fan della prima ora “gridano” al tradimento, ma la scelta non stupisce più.

Litfiba-terremotoNel 1993 esce Terremoto, che bissa il risultato del disco precedente con altre 400mila copie vendute. Terremoto è senza dubbio l’album migliore del periodo rock dei Litfiba: un disco duro, spigoloso e arrabbiato, con sonorità che non si fa fatica a definire hard rock, e che si inserisce pienamente nel periodo storico del grunge. Anche in questo caso, i Litfiba rompono un tabù: il rock duro e puro in lingua italiana era ancora considerato, con rarissime eccezioni, invendibile. Anche Terremoto, come i precedenti, è un disco di critica sociale: i temi sono l’omertà, l’avidità, il perbenismo e la guerra. Brani come Dimmi il nome, Maudit, Sotto il vulcano e Fata Morgana entrano di diritto nella storia del rock italiano, e vanno ad arricchire le scalette dei live dei Litfiba, che hanno ormai lasciato i club per i palazzetti.

Con la raccolta live successiva, Colpo di coda, i Litfiba abbandonano l’etichetta CGD in favore della Emi, e maturano l’idea per i successivi album: dopo il fuoco di El diablo e la terra di Terremoto, decidono di dedicare un album all’aria e uno all’acqua, completando la cosiddetta Tetralogia degli elementi.

Nel 1994 esce il terzo capitolo, Spirito: il successo commerciale è ancora più grande dei precedenti, con oltre 500mila copie vendute, trainato dagli ottimi singoli Spirito, Lo spettacolo, Lacio Drom e No frontiere. Dedicato al tema dell’aria, contiene tracce molto più positive, che mettono da parte la critica sociale e la rabbia. Spirito è anche il primo disco dei Litfiba non prodotto da Alberto Pirelli.

Dopo la pubblicazione del live Lacio drom nel 1995, i Litfiba tornano in studio di registrazione per l’ultimo capitolo della tetralogia, quello dedicato all’acqua. Ne escono nel 1997 con Mondi sommersi: il successo è clamoroso, con oltre 700mila copie vendute, ma il disco suscita le perplessità dei fan. Abbandonato l’hard rock, Pelù e Renzulli hanno virato verso il rock melodico, che in quel periodo vende tantissimo nel mondo anglosassone. L’ennesima contaminazione, quella con l’elettronica e la musica melodica, partorisce canzoni dallo straordinario successo radiofonico (Sparami, Regina di cuori, Goccia a goccia), ma dallo scarso valore assoluto.

È il preludio alla separazione: dopo il live Croce e delizia, i Litfiba pubblicano nel 1999 Infinito, disco dedicato idealmente al quinto elemento, il tempo. Infinito vende un milione di copie, trascinato da un tour di date sold out nei palazzetti di tutta Italia. Le sonorità rock sono scomparse del tutto, siamo nel vero e proprio pop. Gli assolo arrabbiati di Renzulli e l’energia vocale di Pelù hanno lasciato il posto a melodie orecchiabili e gridolini in falsetto (come in Il mio corpo che cambia o in Sexy dream). Inoltre, i dissidi personali tra Piero e Ghigo sono ai massimi livelli: al termine del tour, i due si separano. Ghigo mantiene il nome della band, Piero si prende il simbolo del cornucuore. Gli altri componenti del gruppo, Terzani, Bagni e Caforio, scelgono di seguire Pelù nella sua avventura solista: i Litfiba, dunque, devono ripartire dal solo Ghigo.

GLI ANNI DELLA SEPARAZIONE

Nonostante le voci che davano cantanti famosi vicini all’ingresso nei Litfiba (soprattutto Francesco Renga), Renzulli sostituisce Pelù con lo sconosciuto Gianluigi ‘Cabo’ Cavallo e mette al basso Gianluca Venier. L’esordio della nuova formazione è Elettromacumba del 2000, che vende 100mila copie e vede un ritorno al sound rock, abbandonato negli ultimi lavori con Pelù.

I Litfiba però soffrono terribilmente la mancanza del loro frontman storico, cui era legata anche una parte sostanziale dei fan. Il gruppo decide allora di percorrere nuove strade, anche dal punto di vista della distribuzione. È il caso di Live on Line, non proprio un album ma piuttosto una serie di brani scaricabili gratuitamente dal portale Lycos, registrati in parte durante il tour di Elettromacumba.

Il lavoro in studio successivo è Insidia del 2001. L’album viene apprezzato dalla critica: il gruppo riscopre atmosfere dark perdute da anni, e dedica più attenzione ai testi e alla qualità della musica. Tuttavia, il pubblico reagisce tiepidamente: le copie vendute scendono a 50mila. Insidia è anche l’ultimo album distribuito dalla Emi.

In cerca di nuovi stimoli, il gruppo riaccoglie Aiazzi alle tastiere, si dedica alla colonna sonora del videogioco Tomb raider 6 – The angel of darkness e ne ricava un singolo, Larasong. Poi nel 2005 produce un nuovo album, Essere o sembrare, che avrà fortune ancora inferiori rispetto al precedente.

Le difficoltà nelle vendite e alcune divergenze artistiche portano a un nuovo stravolgimento nella line up: nel 2006 escono contemporaneamente Aiazzi, Venier e Cavallo. Renzulli riparte l’anno successivo riaccogliendo Terzani e chiamando alla voce il giovane Filippo Margheri. Ne esce nel 2009 un EP distribuito digitalmente, dal titolo Five on Line, che suscita ben poco interesse, sia nel pubblico che nella critica.

LA REUNION

A novembre del 2009 arriva la notizia del rientro di Pelù nei Litfiba. Nel corso degli anni, infatti, Renzulli e Pelù sono tornati in buoni rapporti e hanno ricominciato a frequentarsi. La reunion si concretizza con una serie di concerti sold out nella primavera del 2010: dalle due date di Firenze viene tratto il live Stato libero di Litfiba, che esce con due inediti registrati in studio (Sole nero e Barcollo).

Il gruppo sceglie di orientare nuovamente la sua attività sul rock: la scaletta è infatti farcita di canzoni tratte da El diablo, Terremoto e Spirito, con qualche grande classico (come Lulù & Marlene e Resta) e due sole canzoni tratte da Mondi sommersi (Sparami e Ritmo #2). Vengono invece totalmente ignorati l’album Infinito e tutti i lavori del periodo della separazione. Il risultato è un live sinceramente travolgente, segno che i due hanno ancora molte energie da spendere sul palco, e molte soddisfazioni da togliersi insieme. Il lungo tour estivo conferma la ritrovata attenzione del pubblico verso la band, che entra in studio di registrazione per il nuovo album di inediti.

Ne viene fuori nel 2012 Grande Nazione, un disco rock che richiama il sound di Terremoto, sebbene con arrangiamenti molto più puliti e patinati, e in qualche modo meno genuini. Accolto dalla critica in maniera tutto sommato positiva, il disco entra direttamente alla numero uno in classifica: una posizione che la band aveva raggiunto soltanto con i suoi album pop. Il lungo tour di Grande Nazione ha un discreto seguito, ma viene interrotto per un infortunio al ginocchio di Pelù.

litfiba-live-2013

Nel 2013 i Litfiba fanno un grande e inaspettato regalo ai fan, riportando sul palco le musiche e le atmosfere degli anni ’80. La band è quella degli esordi: assieme a Pelù e Renzulli ci sono infatti i cofondatori Aiazzi e Maroccolo, oltre al batterista Luca Martelli. I palchi sono quelli dei club di tutta Italia e la musica è quella della Trilogia del potere: da Eroi nel vento a La preda, da Versante Est a Apapaia fino a Louisiana e Tex.

Ne nascono prima un tour e poi un doppio disco live sensazionali, intitolati entrambi Trilogia 1983-1989: uno straordinario tributo al periodo più sperimentale, più creativo e più libero della band. L’accoglienza del pubblico è eccellente: le date sono sold out ovunque, e crescono le richieste perché l’esperienza continui, magari con un nuovo album di inediti, magari ancora con la formazione originale al completo. Se succederà davvero, però, non è ancora dato sapere.

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The sons of Zion, l’altro reggae – Alpha Blondy

di Roberto Sonego 22 maggio 2013
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Apriamo oggi un nuovo capitolo di MusicParade. La mia intenzione stavolta non è solo raccontare la storia di un gruppo o un cantante che amo particolarmente, ci spostiamo su qualcosa di diverso. Diamo il via a una piccola, modesta, semplice guida al reggae, il genere che preferisco in assoluto. Di volta in volta, vi presenterò chi ha colorato il panorama reggae del dopo i guru Bob Marley e Peter Tosh.

lion zionIl reggae è un genere musicale molto particolare. Da un punto di vista della melodia, è quanto di più semplice si possa immaginare: pochi accordi, ritmi quasi sempre rallentati e non necessariamente suonato da musicisti con grande tecnica. Contrariamente, però, a tanti altri generi il reggae è una musica che richiede cuore e sentimenti, saper comunicare ciò che si prova e penetrare il profondo dell’anima di chi ti ascolta.

Non servono riff di chitarra o di basso da acrobazie stilistiche o batteristi che fanno roteare vorticosamente le bacchette colpendoti con rullate spaventose. No, nel reggae per arrivare in cima prima devi saper arrivare al cuore delle persone, chi ti ascolta deve condividere i tuoi stati d’animo e le tue emozioni. E debbo dire che nella storia di questo meraviglioso genere musicale ci sono alcuni nomi che si fanno ricordare.

marley e toshBob Marley, che sapeva farti amare la vita con i suoi messaggi di pace, amore e…. marijuana, e Peter Tosh, che ti trasmetteva rabbia e indignazione con le sue proteste e il suo essere costantemente contro il sistema (e… marijuana) ci sono riusciti appieno e per questo sono entrati nella storia.

Ma il reggae non si è fermato a Marley e Tosh: dopo di loro il cuore di Babylon ha continuato a battere dentro gruppi e cantanti davvero molto bravi e che hanno lasciato il segno per quello che avevano da dire.

 Ovviamente, non ho la prestesa di scrivere una guida completa: mi scuso fin da subito con tutti gli appassionati del genere e vi invito a lasciare commenti e suggerimenti. Il fatto è che il reggae è un universo talmente vasto che nemmeno io a volte me ne rendo conto.

Il primo cantante che vorrei farvi conoscere è Alpha Blondy.

Alpha Blondy, il reggae della Costa d’Avorio

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Alpha Blondy è il nome d’arte di Seydou Konè cantante ivoriano che ha avuto tra i pregi il farsi conoscere e amare da tutto il pubblico reggae pur cantanto in dialetto dioula, originario della sua terra, oltre che in francese e inglese.

Le prerogative di Alpha Blondy sono praticamente il fondamento del reggae di successo, quindi ritroviamo: brani dai ritmi altalenanti, accordi all’osso, spesso portatori di messaggi di protesta, ma anche carichi di spiritualità e pace.

Hai presente quando ascolti una canzone che all’apparenza è semplice (e forse lo è proprio), che vorresti non finisse mai e ti chiedi “ma cosa avrà di tanto speciale per colpirmi così?”.

Ecco, per me l’ascolto di Alpha Blondy è stato un fulmine a ciel sereno, e continuo a pensare che il peggior difetto delle sue canzoni è la loro durata. Ascoltare per credere…

Si è fatto le ossa Blondy trasferendosi negli Stati Uniti per perfezionare la lingua e tentare il successo che, però, non arriverà subito. Sarà infatti costretto a tornare mestamente in Costa d’Avorio, con il carico di speranze che aveva accompagnato il suo viaggio verso gli Usa.

Nel 1981 fu una sua apparizione ad una trasmissione televisiva dal titolo profetico, Premiere Chance, a farlo notare al pubblico e a fargli attribuire, addirittura, la nomea di Bob Marley africano.

La molteplicità di linguaggi fu la fortuna di Blondy i cui messaggi di espansero a macchia d’olio, facendogli raggiungere una fama oramai quasi inaspettata. Dopo il primo Jah Glory del 1983 arriverà un anno dopo Cocody Rock registrato, guarda caso, proprio con il gruppo che accompagnava Bob Marley, i Wailers.

I titoli degli album successivi furono più che mai significativi dei messaggi che Blondy voleva far giungere a tutto il mondo. In sequenza quindi usciranno Apartheid is Nazism e Jerusalem il suo più mistico lavoro.

Massada del 1991 fu il suo più grande successo seguito da Dieu, un album la cui pubblicazione lo aiuterà, tra l’altro, a uscire da una pesante crisi depressiva.

L’impegno sociale e politico si vedrà anche nei lavori successivi come Elohim del 1999, a favore della libertà di stampa e non solo, e Merci con il quale venne insignito del Grammy Awards nel 2003.

Akwaba fu il titolo del best che ne seguirà per poi pubblicare un altro disco sempre collaborando con i Wailers, disco a tutt’ora il più recente, Jah Victory.

 

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