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Bon Jovi. Quando “It’s my life” li riportò in vetta

di Roberto Vanazzi 22 marzo 2012
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Il nuovo millennio ha visto i Bon Jovi prima passare sotto la Island Records, quindi registrare il loro settimo album, intitolato Crush. Ormai l’Heavy Metal degli esordi era un lontano ricordo (anche se all’epoca citare i Bon Jovi tra i gruppi metal con un “metallaro” nelle vicinanze si rischiava grosso).

Grazie all’hit It’s My Life, Crush ha ottenuto un enorme successo in tutto il pianeta, con la band che è tornata a essere ai vertici anche negli States, dove, con gli ultimi due lavori, aveva perso un po’ di crediti. Per quanto riguarda la musicalità, It’s My Life è una specie di ritorno al passato: l’uso del talk-box da parte di Sambora, infatti, riporta le lancette ai tempi di Livin’ On A Prayer, così come la presenza nel testo di Tommy e Gina. La ballad di turno è Thank You For Lovin’ Me, mentre un altro pezzo che si ascolta con piacere è la simpatica Say It Isn’t So.

One Wild Night, singolo uscito solo per il mercato giapponese, che cita nel testo James Brown, Mystery Train, Captain Crash & the Beauty Queen from MarsSave The World sono altri brani che rendono questo disco l’ennesimo grande lavoro del ragazzo di Perth Amboy e del suo gruppo.

Richie Sambora

Il solito mastodontico tour che è seguito il disco è stato immortalato in One Wild Night Live 1985-2001, l’unico live dei Bon Jovi fino a questo momento. Da segnalare, sempre nel 2001, la partecipazione del gruppo ad eventi benefici in favore delle vittime dell’attentato alle Torri Gemelle.

Nel 2002 il gruppo ha registrato Bounce, lavoro dedicato a New York, risultato però inferiore, in quanto a vendita, rispetto a Crush. Il brano di maggior successo è l’elettrizzante Everyday, mentre l’immancabile lento è la stupenda All About Lovin’ You. Altri pezzi da menzionare sono la semi-ballad Misunderstood, dove sono menzionate ironicamente le scuse inventate da un ragazzo, colto in fragrante dalla sua fidanzata con un’altra donna, e la dura title track Bounce, dedicata a Bill Belichick, allenatore dei New England Patriots.

In seguito sono stati pubblicati l’antologia This Left Feels Right, dove si possono ascoltare i migliori brani della band ri-arrangiati in chiave acustica, e il box-set 1000,000,000 Bon Jovi Fans Can’t Be Wrong, cofanetto contenente 4 CD con ben 38 inediti, con il quale i Bon Jovi hanno celebrato il 20° anniversario dall’uscita del primo disco.

Nel 2005, dopo che il gruppo si era esibito al Live 8, è approdato nei negozi Have A Nice Day, che ha debuttato direttamente al secondo posto delle classifiche Bilboard: un record anche per i Bon Jovi. Altri pezzi, quindi, si sono uniti alla già ampia scaletta di successi di Jon e compagni: la title track su tutte, quindi I Want To be Loved, la sbarazzina Who Says You Can’t Go Home, che riporta l’amore di Jon per il suo New Jersey, la struggente Welcome To Wherever You Are, canzone in cui è chiesto di vivere al meglio per quello che si è, Complicated e, infine, Last man Standing, la più Hard Rock del disco.

Due anni più tardi si è aggiunto un ulteriore capitolo alla saga dei Bon Jovi con la registrazione di Lost Highway, un lavoro in cui, per la prima volta, si denota nel sound una certa influenza country-rock. Lost Highway, il singolo, è un pezzo energico e corale che parla di Nashville. Whole Lot Of Leaving narra dei tempi difficili che stava attraversando Richie Sambora. In un periodo, infatti, il chitarrista ha perso il padre, morto dopo una lunga battaglia con il cancro, ha divorziato dalla moglie, l’attrice Heather Locklear, dopo dieci anni di matrimonio, e intanto combatteva la dipendenza dall’alcol.

I lenti sono due, la struggente (You Want To) Make a Memory, e Till We Ain’t Strangers Anymore, quest’ultima cantata in coppia con la brava LeeAnn Rimes. Quindi le tre semi-ballad One Step Closer, Any Another Day e Everybody’s Broken, la sincopata We Got It Going On e Summertime. Quest’ultima canzone, a differenza delle altre, dispone di una parte di chitarra molto più pesante, simile ad alcuni brani di Bounce e di Crush.

Ancora un paio d’anni, ricchi di eventi e concerti, ed ecco quello che fino a oggi è l’ultimo album da studio dei Bon Jovi: The Circle. Dopo l’assaggio di country rock con Lost Highway, l’undicesimo disco della band è tornato a ripresentare il vecchio rock, con i soliti brani pieni di vigore miscelati ad altri che traboccano romanticismo.

Tra i primi sono da citare We Weren’t Born to Follow, pezzo che incita a non seguire come pecore le masse, ma a pensare con la propria testa, Work for the Working Man, che parla della crisi nella città di Wilmington, nell’Ohio, dopo la chiusura dell’unica fabbrica, e Broken Promiseland. Tra le canzoni d’amore, invece, su tutti Superman Tonight  e Learn To Love. Molto bella pure la semi-ballad Live Before You Die, anche se a mio parere il pezzo migliore è When We Were Beautiful, che narra di un pianeta divenuto desolato, con il narratore che chiede a Dio come ha fatto un tempo a costruire il mondo, per tentare di farne uno migliore in un altro posto.

Al disco è seguito il The Circle Tour, ricco di 144 date, una delle quali, il 17 luglio scorso, allo Stadio Friuli di Udine. Nel 2010, intanto, era uscito un altro Greatest Hits, nel quale spicca l’inedito What Do You Got, che va ad infoltire la lunga schiera di stupende power ballads dei Bon Jovi.

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