Prima ancora che con la loro musica, un’elaborazione più energica dell’Hard Rock anni ’70, i Mötley Crüe hanno colpito l’immaginario collettivo per il look trasgressivo ed estremamente Glam, costituito da catene, pelle, make-up, capelli cotonati e un linguaggio oltraggioso.
La band si è formata nel 1981 a Los Angeles, quando quattro musicisti già affermati sulla scena locale, quali il batterista Tommy Lee, il cantante Vince Neil, il bassista Nikki Sixx e il funambolico chitarrista Mick Mars, hanno lasciato i rispettivi gruppi originali per dare vita al progetto Mötley.
Il medesimo anno, con una copertina che è un tributo a Sticky Fingers dei Rolling Stones, è uscito sul mercato Too Fast For Love, il quale, trainato da brani frizzanti del calibro di Live Wire e Piece Of Your Action, dall’ipnotica Merry-Go-Round e da On With The Show, ha venduto oltre 35.000 copie.
A quel punto la casa discografica Elektra si è accorta del potenziale dei quattro ragazzi e li ha scritturati, permettendo loro di compiere il grande balzo verso il successo e di qualificarsi come i veri catalizzatori della rinascita dell’Heavy Metal statunitense.
Così, nel 1983, è arrivata la consacrazione con Shout At The Devil, un album più incisivo, che ha totalizzato 2 milioni di copie e raggiunto la posizione numero 17 in classifica negli States.
I brani da tenere in considerazione sono, secondo me, la title track, la feroce Red Hot, Too Young To Fall In Love, il minuto e mezzo strumentale, scritto da Mick Mars, di God Bless the Children of the Beast e la cover beatlesiana di Helter Skelter.
Ad aiutare il gruppo a diventare delle stars internazionali sono state anche le tournée effettuate con Kiss e Ozzy Osbourne e, l’anno seguente, quella della loro prima volta in Europa al seguito degli Iron Maiden.
Nel 1984 il proseguimento dell’attività dei Mötley Crüe è stata messa a repentaglio da Vince Neil, il quale, ha causato un incidente automobilistico dove ha perso la vita il suo amico, nonché batterista degli Hanoi Rocks, Nicholas Dingley, in arte Razzle.
Il cantante ha rischiato la prigione, ma fortunatamente per lui tutto si è risolto in un nulla di fatto ed il quartetto è potuto entrare in studio per realizzare il terzo album, intitolato Theatre of Pain, dedicato allo stesso Razzle.
Il lavoro presenta meno riffs graffianti rispetto ai precedenti, e punta molto sul riavvicinamento alle radici del rock’n’roll americano. Ne è un esempio la cover dei Brownsville Station, Smoking in The Boys Room.
Nel disco, che non nego esere il mio preferito, probabilmente perché è stato quello che mi ha fatto conoscere il gruppo di Los Angeles, sono anche da ricordare la ballad Home Sweet Home, forse il pezzo dei Mötley più famoso, City Boy Blues e Tonight.
Il 1987 è da ricordarsi per due motivi. Il primo, estratto direttamente dalla cronaca rosa, è il matrimonio di Tommy Lee con la starlet di Dynasty Heater Locklear. Il secondo, legato alle vicende musicali del gruppo, è l’uscita di Girls Girls Girls, un album in cui la band dimostra ancora una volta tutta la sua aggressività, come si nota in songs quali Wild Side, la title track e Bad Boy Boogie. Da citare anche la ballad You’re Are All I Need, e la cover di turno, Jailhouse Rock originariamente di Elvis Presley, in versione live.
L’anno che ne è seguito invece è stato più rocambolesco. Prima la cancellazione di un tour europeo, che qualcuno a voluto attribuire alla morte di Sixx per overdose. Poi un certo Matthew Tripp ha sparso la voce che fra il 1983 ed il 1985 ha sostituito al basso lo stesso Sixx e ha intentato causa alla band dicendo di essere l’autore di buona parte delle canzoni di quel periodo. Tripp ha infine ritirato la denuncia ed è sparito nel nulla dopo che si è scoperto che il suo era stato solo un modo per ottenere fama e soldi.
Infine, è sempre di quel periodo la nascita della diatriba fra loro e i Guns’N’Roses. Pare che tutto sia iniziato nel momento in cui la moglie di Vince Neil è stata picchiata in un locale da Izzy Stradlin dei Guns, dopo che lei ne aveva respinte le avance. Vince alla prima occasione si è vendicato, restituendo il pugno al chitarrista. Axl, frontman dei Guns, a quel punto ha minacciato di morte il cantante dei Mötley, il quale lo ha sfidato in un duello rusticano, che per fortuna non è mai avvenuto.
Nonostante tutto, i Mötley Crüe sono riusciti a passare indenni attraverso la bufera e, nel 1989, hanno dato alle stampe il loro quinto lavoro, Dr. Feelgood, il primo della band a raggiungere la posizione numero 1 nelle classifiche USA, forte di brani quali la stessa Dr. Feelgood, Kickstart my Heart, la romantica Without You e Time For Change, pezzo quest’ultimo che presenta un accattivante coretto in cui hanno partecipato, fra gli altri, anche gli Skid Row (quelli di 18 and Life).
Nel 1991 il combo della città degli angeli ha festeggiato i dieci anni d’attività con la compilation Decade of Decadence, dove compare, come inedito, la cover di Anarchy in the UK dei Sex Pistols.
Il sesto lavoro da studio della band è datato 1994 e s’intitola semplicemente Mötley Crüe. A causa di dissidi fra Vince Neil ed il resto del gruppo, però, il cantante aveva deciso, poco prima dell’uscita dell’album, di abbandonare i compagni per intraprendere la carriera solista. In sostituzione è stato reclutato il singer di Philadelphia John Corabi.
Causa la debordante ondata provocata dal Grunge, anche i Crüe hanno dovuto fare i conti con il nuovo genere musicale, cambiando il loro stile. Ma il disco, dove sono da menzionare, a mio parere, i singoli Misunderstood, Hooligan’s Holiday e Til Death Do Us Part, non è stato accolto favorevolmente dai fans della prima ora, i quali non hanno del tutto apprezzato il cambio d’immagine e di sonorità e, soprattutto, non hanno mai digerito il nuovo cantante.
L’idea è stata quindi quella di fare rientrare il figliol prodigo Vince Neil. Purtroppo, una disgrazia, la morte di sua figlia di 4 anni, ha fatto si che il progetto slittasse di qualche anno.
È stato quindi nel 1997 che il gruppo si è ritrovato per registrare Generation Swine, un lavoro che pressappoco ricalca il sound del precedente, ma, forse grazie al ritorno di Neil dietro al microfono, ha visto il pubblico reagire in un modo migliore.
La canzone cardine è senza ombra di dubbio la rivisitazione in chiave Industrial Metal di Shout at The Devil, seguita da Afraid e Flush.
Nel frattempo Tommy Lee era convolato a nozze con nientemeno che Pamela Anderson. La coppia, fra un litigio e l’altro, ha divorziato e si è sposata tre volte, finché la Anderson non ha denunciato di molestie sessuali il batterista, che per l’occasione ha scontato sei mesi di carceri.
Per quanto riguarda la parte prettamente musicale, nel 1999 lo stesso Tommy ha lasciato la band a causa di problemi con la droga. Al suo posto è arrivato Randy Castillo, ex drummer di Ozzy Osbourne.
Con il nuovo batterista i Mötley Crüe hanno registrato, nel 2000, New Tattoo, che ha ricondotto il sound del gruppo sui binari del Glam Metal degli inizi.
Castillo, causa una brutta malattia che lo porterà alla morte un paio di anni più tardi, ha dovuto lasciare la band. Il suo posto, per la tournée di supporto all’album, era stato momentaneamente preso da Samantha Maloney, ma per potere ascoltare un nuovo album si è dovuto aspettare il 2008 ed il ritorno di Tommy Lee.
Per la precisione, il quartetto originale aveva annunciato la reunion nel 2004, e nei 4 anni che hanno separato l’evento con l’uscita del nuovo lavoro, i Motley hanno svolto attività live e immesso sul mercato una raccolta con inediti.
Il disco del 2008 s’intitola Saints of Los Angeles e, già dalla copertina, ricorda molto Dr.Feelgood. Grazie a canzoni quali la title track, White Trash Circus, The Animal In Me e Motherfucker Of The Year, è stato accolto positivamente sia dalla critica sia dal pubblico e ha raggiunto buoni piazzamenti nelle varie classifiche.
Aspettiamo adesso il prosieguo della storia.