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I Manowar, fautori del vero Heavy Metal

di Roberto Vanazzi 13 ottobre 2009
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manowar

L’esaltazione della forza bruta e della virilità, il richiamo a film epici quali Conan il barbaro e Excalibur, l’ispirazione a divinità nordiche, liriche che parlano di guerra e metallo, il suono potente, i proclami di essere gli unici interpreti del “vero Heavy Metal”, questi sono stati, e sono ancora oggi, i Manowar.

La nascita del gruppo risale al 1980, quando il chitarrista Ross “The Boss” Funichello ed il bassista Joe DeMaio si sono incontrati al Black and Blue Tour di Black Sabbath e Blue Oyster Cult. Ross suonava nel gruppo di spalla, mentre il secondo era l’addetto agli effetti speciali dei Sabbath.
I due, dopo avere capito di avere molto in comune da un punto di vista musicale, hanno reclutato Eric Adams, cantante dai toni epici, e il batterista Dommie Hamzik.

Adottato il nome di Manowar, contrazione di Man Of War, il quartetto di New York ha avuto la fortuna di essere scritturato immediatamente per la EMI americana (nota anche come Liberty records) e di ritrovarsi sotto l’ala protettrice del management dei Kiss. Così, nel 1982, è uscito Battle Hyms, forte di brani indimenticabili quali Dark Avenger, dove trova posto una parte recitata in tono solenne da niente meno che Orson Welles, Metal Daze e la title track.

Subito dopo, però, la casa discografica li ha abbandonati per problemi finanziari, e i Manowar sono stati costretti a ripiegare sulla Music For Nations, etichetta specializzata in Heavy Metal. È stato questo il primo di un numero ragguardevole di cambi di etichetta.
Nel frattempo Hamzik ha lasciato il gruppo e il suo posto dietro le pelli è stato rilevato dall’energico Scott Columbus.

L’anno seguente è uscito il loro album più feroce, Into Glory Ride, dove è dato grande risalto all’eccezionale estensione vocale di Adams. Con questo lavoro, grazie a canzoni quali Warlord, Secret of Steel, Gates of Walhalla, la sabbathiana Hatred e la lunga March for Revenge, è nato il genere denominato Epic Metal.

Nel 1984 ecco il terzo lavoro, Hail To England, dove i brani si sono fatti più potenti e veloci.  King With Power e la splendida Bridge of Death sono le punte di diamante del disco.
Il tour in terra britannica che ne è seguito ha ottenuto responsi entusiasmanti ed è in questo periodo che è nato il motto dei Manowar “Death To False Metal”.

Soltanto dieci mesi più tardi, spinti dall’ottimo successo fino a quel momento ottenuto, il quartetto ha rilasciato Sign Of The Hammer, questa volta per la Ten Records.
Le canzoni cardine sono, secondo me, l’omonima Sign Of The Hammer, Thor e, soprattutto, l’epica Mountains.

A causa di un lunghissimo tour mondiale, durato due anni, e dei soliti problemi contrattuali, che hanno spinto il gruppo a firmare per l’ennesima casa discografica, la ATCO, il lavoro successivo ha visto la luce solo nel 1987. Si tratta di Fighting The World, probabilmente il più commerciale di tutti, che da una parte ha regalato ai Manowar un pubblico più vasto, grazie a passaggi radiofonici di canzoni orecchiabili quali Carry On e la title track, ma che dall’altra ha deluso i fans più incalliti.
Nel lavoro trova posto anche Defender, dove, ancora una volta, ha partecipato Orson Wells come voce narrante.

Anno nuovo, 1988, etichetta nuova, la Atlantic, album nuovo, Kings Of Metal, un lavoro che ha riscattato in pieno il precedente, grazie ad un sound all’altezza dei momenti più felici.
È questo, infatti, il disco più rappresentativo del gruppo, contenente canzoni diventate dei veri inni metallici. Su tutte menzionerei The Crown And The Ring, Kings Of Metal, Kingdome Come e Hail and Kill.

Dopo anni di stabilità però, ecco che proprio allora sono iniziati alcuni avvicendamenti nell’organico. Il primo ad andarsene è stato il leader, Ross The Boss, seguito a ruota da Scott Columbus, sostituiti rispettivamente da Dave Shankle e da Kenny Earl Edwards. Quest’ultimo era stato invitato ad entrare nel gruppo proprio dallo stesso Columbus, il quale ha dovuto abbandonare per stare accanto al figlio ammalato di leucemia.

Nel 1992 il gruppo ha dato alle stampe The Triumph Of Steel, che si apre con una bellissima suite di quasi mezz’ora intitolata Achilles, Agony And Ecstasy in 8 parts. Oltre a questa, sono degne di nota anche The Power Of Thy Sword e The Demon’s Whip.

Dopo un enorme tour mondiale e un ennesimo cambio di etichetta discografica (questa volta è toccato alla Geffen, la medesima dei Nirvana) Dave Shankle ha abbandonato i compagni, lasciando le parti di chitarra a Karl Logan, il quale aveva conosciuto Joe DeMaio dopo averlo tamponato ad un motoraduno.

Nel 1996, quando ormai anche Scott Columbus aveva ripreso il suo posto alla batteria, è uscito l’ottavo LP dei Manowar, Louder Than Hell, un LP che lo zoccolo duro dei fans ha additato come “poco ispirato”.
Di questo lavoro mi piacciono The Gods Made Heavy Metal e i 10 minuti della strumentale Today Is a Good Day to Die.

L’anno successivo il gruppo ha messo su vinile il tour mondiale appena effettuato, facendo uscire il suo primo doppio album live, dal titolo Hell On Wheels.

Solo nel 2002, esattamente 6 anni dopo Louder Than Hell, è uscito un altro album da studio: Warriors Of The World, edito dalla casa discografica indipendente tedesca Nuclear Blast. Il disco ha venduto bene, forte di canzoni quali Warriors Of The World United, Call To Arms, la cover di Elvis Presley An American Trilogy, e la pucciniana Nessun Dorma, dedicata da Adams alla madre appena morta.

Al disco è seguito un altro lunghissimo tour, ben documentato in ben 4 DVD. Intanto, dopo avere cambiato un numero imprecisato di case discografiche, Joe DeMaio ha deciso di fondarne una lui stesso, la Magic Circe Music, che, finalmente, è diventata quella ufficiale della band. Meglio tardi che mai!

Con questa etichetta, nel 2007 è uscito Gods Of War.
Album dedicato agli dei vichinghi, Odino naturalmente, ma anche al suo cavallo Sleipnir e a Loki, alterna brani prettamente strumentali, come Overture To Odin, canzoni recitate, quali The Blood Of Odin e The Ascension, e altre nello stile Epic Metal dei migliori Manowar, la title track su tutte.
Con questo lavoro il gruppo ha voluto omaggiare Richard Wagner e la sua tetralogia dell’Anello del Nibelungo. DeMaio e soci, infatti, hanno sempre proclamato che il compositore di Lipsia è stato il vero inventore dell’Heavy Metal.

I fautori del “vero metal” stanno per uscire con il loro dodicesimo album, dal titolo Hammer Of The Gods, che prosegue il discorso intrapreso con Gods Of war sugli dei del Walhalla.

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4 risposte a “I Manowar, fautori del vero Heavy Metal”

  1. Ari ha detto:

    Maestro… è sempre un piacere leggerti!

  2. Anonimo ha detto:

    fanno schifo

  3. Anonimo ha detto:

    sono ridicoli se hanno azzeccato qualche pezzo è solo per sbaglio. E’ per colpa di gente come loro o come quei goglioni satanisti del black metal, se questa bellissima musica viene considerata una merda. E poi sono pure fascisti machi tradizionalisti amanti della forza. In una parola il peggio. Ma la vera colpa è di chi li ascolta. True metal o true trimoni?

  4. Cristian ha detto:

    Io non sono fascista ma non posso fare a meno della loro musica.

    Sinceramente io non amo mischiarmi con la massa e qundi differisco da quelli che iniziano a muovere la testa con due culi che li scorreggiano nelle orecchie.

    Non ho mai capito perchè i Manowar non siano adatti ad alcune persone. Cosa vi manca? Quando dite che non fanno buona musica a cosa vi riferite?

    I Manowar sono un capitolo di storia dell’intera musica. Sono professionisti, precisi e coraggiosi. Sfido i vostri gruppetti di merda a cantare nessun dorma dal vivo o a suonare per 5 ore filate senza mai mostrare cenni di stanchezza.

    Io li ascolto e ne sono fiero. Non voglio convincere nessuno ad ascoltarli poiché comprendere l’essenza del metal e’ un dono. O ce l’hai o non ce l’hai. Stop!