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Il reggae bianco degli UB40

di Roberto Sonego 4 marzo 2011
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Non chiedetemi come ha fatto un gruppo europeo, inglese nella fattispecie, a sfondare suonando un genere che più nero non si può come il reggae, perchè ancora adesso me lo sto chiedendo. Fatto sta che per più di venticinque anni gli Ub40 hanno mietuto successi ad ogni album come la maggiorparte di gruppi e cantanti giamaicani non ha saputo fare.

Intanto il nome, Ub40 significa in inglese Unemployement Benefit Form 40 ed è il modulo che in Inghilterra è stato distribuito per far avere il sussidio di disoccupazione a coloro che lavoro non ne avevano. E già da questo si è subito capita la piega che avrebbe preso il gruppo. Fin dai primi lavori era chiaro che il loro, contrariamente alla maggiorparte del reggae in circolazione, sarebbe stato un reggae di protesta e, comunque, a sfondo politico e di denuncia.

Il lato comico e, a dir la verità inverosimile, è che nessuno dei membri degli Ub40 sapeva suonare uno strumento….incredibile, eh? Ebbene sì. E’ stato tutto un caso anche come si sono procurati i primi stumenti Ali Campbell (voce) e Brian Travers (sassofono) e cioè grazie al risarcimento a seguito di una rissa in un pub.

Ai due si uniscono anche alcuni amici di scuola come Earl Falconer (basso), Mickey Virtue (tastiere), Jimmy Brown (batteria), Norman Lamont Hassan (percussioni), Terence Wilson e Robin Campbell, fratello di Ali.

Tra amici in un pub tennero il loro primo concerto e fu così d’impatto il loro reggae che furono notati da Bob Lamb membro di un noto gruppo della città il quale li convinse ad uscire allo scoperto prima in radio e poi alla televisione.

L’inizio della parabola ascendente degli Ub40 avvenne casualmente quando, esibendosi in un locale, incontrarono Chrissy Hynde leader dei Pretenders che, come tutti, rimase fulminata dall’energia sprigionata da Ali Campbell e soci.

Ali Campbell e Crissy Hynde

Il primo singolo del gruppo viene pubblicato nel 1980 sotto l’etichetta Graduate Records, una indipendente alla quale gli Ub40 si sono rivolti rifiutando le danarose offerte delle principali major. Ed è già evidente dal secondo singolo, One in Ten dell’anno successivo, l’intenzione di fare una musica anche di protesta contro il governo e, nella fattispecie, contro la governatrice Margareth Thatcher.

Ora gli Ub40 erano lanciati in patria per cui si misero a pensare ad un album, il primo, che potesse uscire dalla Gran Bretagna e sfondare nelle classifiche di mezzo mondo. E puntualmente accadde, anche se con una raccolta solo di cover, quel “Labour of Love” anche ora nella memoria musicale di gran parte degli estimatori non tanto del gruppo ma di tutto il movimento reggae mondiale. Vedi caro lettore, io fondamentalmente sono contrario alle cover semplicemente perchè mi sono sempre sembrate un facile appiglio per gli artisti per vendere dischi anche in periodo di magra in fatto di inventiva e ispirazione.

Labour of Love, però, è diverso, è una raccolta fatta talmente bene da farti dimenticare che si tratta di brani di altri ma, anzi, in alcuni casi da farti riflettere sul fatto che possano quasi essere meglio le cover degli stessi brani originali. Su tutte mi permetto di citare quella Red Red Wine (Neil Diamond) che raggiunse a ritmo di record la vetta nella classifica Usa.

Il successo del primo lavoro spinge gli Ub40 verso una strada sempre più in discesa che i “nostri” percorreranno sempre più rapidamente pubblicando, in rapida sequenza, Geffery Morgan (1984), Baggariddim (1985), Rat in the Kitchen (1986), UB40 CCCP: Live In Moscow (1987) il loro primo live e la seconda, inevitabile, parte di Labour of Love uscita nel 1989.

Promises and Lies del 1993 fu il compimento della definitiva maturazione con inserti pop nel classic reggae che aveva fin qui contraddistinto la musica del gruppo. All’interno anche quella “Can’t help falling in Love” cover della famosissima canzone di Elvis Presley che era l’esempio lampante di quanto sopra scritto. Le cover, se suonate bene e adattate alla perfezione al genere di musica che si suona, non sono mai banali e avranno sempre un buon successo. E anche questa volta…bingo…centro perfetto!

A seguito del secondo The Best of nel 1997 esce Guns in the Ghetto. Ma, siccome i cervelli del gruppo sono in continuo fermento e con gli ingranaggi che girano continuamente a mille, nel 1998 gli Ub40 chiamano a raccolta i migliori artisti giamaicani del genere per UB40 Present The Dancehall Album da molti considerato un capolavoro assoluto del genere di quel decennio.

Dopo la terza, ed ultima, parte di Labour of Love e The Very Best Of rispettivamente del 1998 e 2000 il gruppo parte per un mega tour in onore dei 21 anni di carriera. Anche nel 2002 esce un progetto di lunga data, come il precedente, sempre raccogliendo mostri sacri del reggae per pubblicare UB40 Present The Fathers Of Reggae al quale seguì la vera raccolta, nonchè la più completa, Platinum Collection. Dopo questa fu la volta di Homegrown del 2003 dov’era presente Swing Low, inno ufficiale della nazionale inglese di rugby ai mondiali disputati quell’anno.

Un ritorno alle musicalità originali si ebbe nel 2005 con Who You Fighting For? puro e semplice reggae che fece felici i fans della prima ora. Una delle ultime apparizioni live del gruppo si ebbe al Live 8 di Londra al quale seguirono tappe in Hawaii, Australia e Mozambico tra le altre anche per festeggiare i 25 anni di musica. Di una musica che è stata capace di stupire i guru rasta di tutto il mondo con la loro semplicità nelle musiche associata ai loro testi mai banali e ad impatto immediato.

Long life Ali & co. (lunga vita Ali and company!)

Il sito ufficiale degli Ub40

Il sito ufficiale di Ali Campbell

“Desidero ringraziare di tutto cuore mio fratello Giovanni per avermi dato la possibilità di conoscere Linda e il suo blog perchè altrimenti tutte le emozioni, sensazioni, esperienze, conoscenze musicali che ho dentro sarebbero rimaste solo mie e non avrei potuto rendere partecipi tutti quelli che, bontà loro, avranno anche solo dieci minuti da dedicare ai miei articoli”. Grazie-Roby

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4 risposte a “Il reggae bianco degli UB40”

  1. sabrina ha detto:

    Giuro, non li conoscevo ed è stata una piacevole sorpresa sentire note così dolci e sensuali cantate da un bianco e per di più irlandese. Mi associo al ringraziamento che fai a Giovanni e Linda per averci dato l’opportunità di esprimerci al meglio di noi stessi.

  2. Roberto Sonego ha detto:

    Ma vedi Sabri, è questo il bello e l’inspiegabile degli Ub40; hanno rischiato suonando una musica che non ha niente a che vedere con il loro paese. E hanno vinto, hanno vinto alla grande. E, come scrivevo all’inizio, se pensi che nessuno all’inizio sapeva suonare uno strumento, beh, se non è un miracolo poco ci manca…Grazie anche a te che continui a seguire gli articoli che scrivo. Continua così che ci saranno delle belle sorprese…

  3. Melania ha detto:

    Gli UB40 sono nati a Birmingham. Tutti i componenti presenti e passati sono di Birmingham, o quanto meno inglesi. Il nome, come hai scritto giustamente tu, è il modello di disoccupazione inglese. Scusa, ma non riesco a capire cosa centra l’Irlanda!

  4. Roberto Sonego ha detto:

    Grande Melania. Vedi cosa intendo per “le critiche mi insegnano a migliorare i miei articoli”? Purtroppo le mie fonti a volte non si rivelano sempre precise e, come sempre, ti ringrazio di tutto cuore per la precisazione e la puntualizzazione. Spero comunque che l’errore, indipendente dalla mia volontà, non abbia fatto in modo di rovinare il tuo giudizio su di esso e su chi lo ha scritto. Grazie mille ancora!