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Manu Chao, il giramondo

di Roberto Sonego 3 aprile 2013
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A chi non conosce Manu Chao e non lo ha mai ascoltato dico “prova e vedrai che mi ringrazierai“. Ai tanti che, invece, sanno chi è o lo hanno già ascoltato capiranno il mio entusiasmo e la felicità e la carica che riesce a trasmettermi ogni volta.

manuchao2Manu Chao ha una carriera davvero intensa dapprima con il suo gruppo i Mano Negra e poi da solista. Debbo essere sincero: la prima parte con i Mano Negra mi piace molto di più, si percepisce ad ogni disco la voglia di far musica e con la sua musica di comunicare il suo malessere e la sua gran voglia di schierarsi sempre dalla parte del più debole o di coloro che sono sempre stati nell’ombra oppressi magari da regimi dittatoriali che non gli permettono di dire la loro.

E allora spesso parlano con la voce di Manu.

A livello personale sono tante le cose che vorrei dire su questo artista per il quale l’aggettivo poliedrico risulta perlomeno riduttivo. Una delle cose belle risiede nella scelta sua e prima dei Mano Negra di comporre sempre tantissime canzoni, ma praticamente nessuna della durata sufficiente per stufare. Se si nota, infatti, in tutti i suoi dischi è davvero raro trovare una canzone che raggiunga o tantomeno che superi i 4 minuti.

Fino a poco tempo fa ero incuriosito dalla figura di Manu Chao anche perché non conoscevo nulla della sua provenienza. Ascoltando le sue canzoni, ne trovavo di cantate in inglese, francese, spagnolo, arabo, ecc… e a ognuna la mia meraviglia era grande. Poi mi sono detto: eh no, voglio sapere veramente da dove viene anche perchè è veramente uno degli artisti che ammiro di più!

E la mia sorpresa è stata grande quando ho scoperto che Manu è nato a Parigi, nei bassifondi. E’ partito proprio dal basso ed è stata anche questo suo nascere e crescere nelle zone povere della capitale francese, che ha dato un’impronta ideologica alla sua musica: voleva sì far musica, ma voleva anche unirci una lotta a favore di quelli che come lui sono nati poveri ma che, contrariamente a lui, poveri ci sono ancora.

La predilezione nelle sue canzoni per la lingua spagnola la si spiega anche col fatto che i genitori di Manu sono di Barcellona. La fuga del padre Ramon dal regime dittatoriale di Francisco Franco per seguire il figlio, assieme alla mamma, in giro per il mondo nel pellegrinaggio musicale è un ulteriore elemento che ha contribuito a rendere impegnata la musica di Manu Chao, che è per noi spesso un piacere infinito, ma anche una scomoda nemica dei regimi dittatoriali e autoritari di mezzo mondo.

Considerati gli anni, attorno alla metà dei ’70, furono i Clash i principali ispiratori dei Mano Negra con quell’aggressività propria della musica punk associata a dei testi di protesta contro tutto e contro tutti. Contro il sistema, in pratica.

La prima formazione dei Mano Negra è così strutturata: Manu-Voce, Santi-Batteria, Tonio-Tromba, Philippe Teboul-Percussioni, Thomas Darnal-Tastiere, Daniel Jamet-Chitarra, Jo Dahan-Basso. Il primo disco datato 1988 è Patchanka con la hit MalaVida, che diede il via a un nuovo movimento nel panorama musicale francese.

Talmente fulmineo l’impatto sul pubblico fu che il primo contratto del gruppo fu subito con una major. E qui già i primi problemi con i fedelissimi i quali li accusarono di essersi venduti al dio denaro dimenticando la strada dalla quale provenivano e la gente tra la quale erano nati e cresciuti.

E qui, permettetemi, dico la mia: ci ho riflettuto molto a lungo negli anni. Secondo il mio parere se una persona vuole comunicare un messaggio, una protesta o far sapere il proprio pensiero al mondo, più in alto si è e più gente può ascoltare. Se rimango all’ombra suonando per una label indipendente mantengo sì i miei principi vitali ma mi sentono in pochi.

Questa fu, al tempo, anche la risposta del gruppo il quale sosteneva che per far conoscere il proprio messaggio di protesta oltre la Francia lo si doveva gridare dall’alto di una major. Major la quale, in ogni caso, ha da subito dato carta bianca al gruppo con totale libertà di manovra e di parola.

Le canzoni dei Mano Negra prima e di Manu Chao dopo sono state caratterizzate da una vastità impressionante di argomenti che andavano dalla protesta politica, alla difesa delle popolazioni povere del sudamerica, al divertissement e nonsense puro, allo sport come dimostra il video di Santa Maradona qui sopra. In pratica facevano ciò che avevano voglia di fare. E lo facevano di un bene…

A influenzare, poi, le argomentazioni che facevano da filo conduttore per le canzoni di Manu e dei Mano Negra erano le storie dei reduci dalle varie dittature sudamericane che il padre ospitava spesso in casa. E per allietare questi momenti in famiglia, il nostro Manu tirava giù dal muro la chitarrina che il papà aveva appesa come elemento decorativo e la suonava.

Il nome Mano Negra gli venne dal nome di un gruppo anarchico andaluso e incarnava il sogno di Manu: poter mettere insieme un gruppo dove poter suonare qualunque tipo di musica dal reggae, allo ska, al rock.

Grazie soprattutto ad album quali Casa Babynon, Puta’s Fever e soprattutto King of Bongo, i Mano Negra superano ogni più rosea aspettativa di vendite e di successo a livello internazionale. Causa, però, carenze motivazionali e d’ispirazione, come affermerà lo stesso Manu Chao, il gruppo si scioglierà nel 1994.

Ma, siccome Manu Chao non è mai stato uno di quei musicisti da pausa di riflessione, pensò che fosse il momento giuso per attuare un progetto a lungo conservato in un cassetto: costituire un gruppo di amici/musicisti e riunirli in un appartamento della Gran Via di Madrid per suonare assieme. Il progetto andò in porto con il nome di Radio Bemba e inizialmente parve funzionare ed anche bene.

Ma Manu non è uno che stia fermo troppo tempo in un posto e parte alla volta dell’Africa zaino in spalla (letteralmente) a cercare nuove sonorità per tornare, riunire nuovamente gli amici e tornare a comporre. Con questi amici e con questi presupposti incide nel 1998 Clandestino, il primo vero lavoro da solista.

In Clandestino si respira il mondo e tutti i paesi che Manu Chao ha girato in questo suo ultimo vagabondare…e sono tanti! La cosa sorprendente di questo album è che, almeno nei propositi, il gruppo lo aveva composto con l’idea di renderlo pubblico tramite il passaparola, e non con una delle solite, martellanti, tronfie campagne di marketing ai quali da sempre ci hanno abituato i vari grandi musicisti e grandi gruppi. E incredibilmente funzionò facendo schizzare il disco in vetta alle classifiche di mezzo mondo e popolarissimo: il gruppo che ne fu sorpreso ed entusiasta.

clandestino

Il successo planetario dell’album convinse il gruppo a lavorare per un nuovo disco che uscì nel 2001 col titolo Proxima Estacion Esperanza album a carattere un pò meno rivoluzionario e un po’ più disincantato. A a seguito di questo disco, durante uno dei suoi concerti tenuti in messico a favore degli indios, vicini all’esercito zapatista di liberazione nazionale (EZLN), venne arrestato, incarcerato in camera di sicurezza per poi essere liberato alcuni giorni dopo.

Ma questo non fu sufficiente a fermarlo. Infatti, uscito di prigione ricominciò a scrivere musica, e nel 2007 fece uscire La Radiolina, continuando la sua lotta anticapitalista e rivoluzionaria.

Ma veniamo all’impronta di Manu Chao in Italia. Tutti si ricorderanno della battaglia antiglobalizzazione durante il g8 di Genova poi ci sono state varie collaborazioni musicali, come quella con Roy Paci e quella con Celentano, per cui ha scritto nel 2011 Non so più cosa fare.

E la battaglia continua…

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