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Jimi Hendrix, la chitarra che ha cambiato il mondo

di Roberto Vanazzi 16 marzo 2011
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Era l’anno 1967 e l’irruzione di Jimi Hendrix nella scena musicale ha sconvolto tutti parametri esistenti: da quel giorno le cose non sono più state le stesse. Due singoli, Hey Joe e Purple Haze, quindi l’album Are You Experienced? sono esplosi prima nelle classifiche inglesi e in seguito nel resto del mondo, causando un impatto devastante. Nessuno sino a quel momento aveva mai udito niente di simile: un blues psichedelico ed elettrico, che poggiava su uno stile di chitarra dirompente e una voce calda e sensuale. Un uomo di colore che suonava con la mano sinistra ha letteralmente cambiato il modo di fare e concepire il rock.

James Marshall Hendrix è nato a Seattle da una famiglia povera, il 27 novembre 1942. Orfano della madre, fin da piccolo ha sviluppato un rapporto morboso con la chitarra che gli era stata regalata, da lui battezzata Betty Jean. Completamente autodidatta, nonostante la chitarra fosse per destri e invece lui mancino, il ragazzo ha imparato a suonarla e ha formato la sua prima band al principio degli anni ’60, i Kasuals.

Nel 1963 Hendrix ha trovato il suo primo vero ingaggio come chitarrista di Little Richard nel quale, però, ha ricevuto poche soddisfazioni, poiché il leader, che aveva intuito il suo talento, ne era diventato geloso. Dopo qualche lavoro come session man per Ike & Tina Turner, Albert King, Wilson Pickett e gli Isley Bros, Jimi si è unito agli Squires, un gruppo con il quale il chitarrista ha fatto esperienza suonando in molti stati americani.

Nel 1965 Jimi si è recato a New York, dove ha cercato d’inserirsi nell’ambito del Greenwich Village (quartiere famoso per la vita culturale dove sono nati numerosi movimenti, tra i quali, proprio in quel periodo, quello hippy) e ha creato un gruppo come solista: Jimmy James & The Blue Flames.
È stato però l’anno successivo che il chitarrista ha trovato la propria strada grazie a una serie di concerti al Café Wha. Il suo stile carico di energia, costituito da libere interpretazioni di Blues e Rock, ha attirato l’attenzione del bassista degli Animals Chas Chandler, il quale l’ha portato con se a Londra con l’intenzione di farlo diventare una star.
Nella capitale inglese il chitarrista ha creato gli Experience, con Mitch Mitchell alla batteria e Noel Redding costretto controvoglia a suonare il basso. Trovato un contratto con la Track Records (grazie anche all’intercessione dei Who), Jimi Hendrix ha iniziato la scalata che lo ha portato ai vertici della musica. Era un mondo paralizzato dai Beatles e dal beat bianco in generale ma, grazie ai passaggi radiofonici e ad alcuni concerti con i grandi nomi dell’epoca, tra i quali Cream e Who, il ragazzo di Seattle è diventato l’attrazione del momento, trasformandosi ben presto nel più inquietante sex symbol degli anni ’60.

 

The Jimi Hendrix Experience

Nel 1966 è uscito il singolo Hey Joe, cover di Billy Roberts, che ha scalato in fretta le classifiche, seguito da altri due, Purple Haze e The Wind Cries Mary. Quindi, l’anno dopo, è arrivato l’LP d’esordio Are You Experienced?. Con questo manifesto della psichedelia, Hendrix ha frammentato il mondo e poi l’ha ricucito a modo suo, regalando così all’ascoltatore un sistema di percepire la musica completamente diverso da com’era in precedenza. L’espressività raggiunta dal suo stile probabilmente non è stata ancora superata e forse neppure eguagliata: Hey Joe, Foxy Lady, Purple Haze, Manic Depression, Love Or Confusion, la dura Fire, Third Stone From The Sun, dove rock e jazz si fondono in un caldo abbraccio, Purple Haze, la dolce The Wind Cries Mary, Stone Free e il blues di Red House, dopo tanti anni dalla loro pubblicazione mantengono intatta tutta la loro freschezza.

Nel frattempo gli Experience conquistavano anche le folle con le fortunate tournée in Europa, negli States e, soprattutto, con la celebre apparizione al Festival di Monterey, il 18 giugno 1967. Quel giorno Jimi ha stupito tutti con un infuocato show di mezz’ora, fatto di morsi alle corde della sua Fender Stratocaster, effetti di feedback, uso dei pedali wah wah e culminato con la chitarra incendiata in scena al termine di una travolgente Wild Thing.

Il 1968 è stato un anno ricco di eventi per Jimi Hendrix. Gli Experience hanno suonato in tutto il mondo, compresa l’Italia, e rilasciato due dischi. Il primo di questi è Axis: Bold As Love, degno seguito dell’album d’esordio. A brani più delicati come Castles Made Of Sand, Little Wing e la title track, fanno da contraltare quelli più scatenati, impregnati di blues e funky. Il viaggio a cavallo di un drago descritto in Spanish Castle Magic, ad esempio, oppure le constatazioni di un extraterrestre che dopo anni torna sulla Terra e vede quanto l’uomo abbia influito negativamente su di essa in Up From The Skies. La mia preferita resta comunque la psichedelica If 6 Was 9.

Il doppio Electric Ladyland è invece un lavoro ambizioso e sperimentale, che presenta brani più lunghi e l’intervento di alcuni session man d’eccezione, quali Steve Winwood, Al Kooper e Buddy Miles. Il fulcro dell’album è l’allucinata versione di All Along The Watchtower di Bob Dylan. Quindi la stupenda Woodoo Chile, lunghissima jam di oltre 15 minuti, Voodoo Child (Slight Return) con il suo famosissimo intro di chitarra, la melodica Crosstown Traffic, Gypsy Eyes, dedicata alla madre, e Burning Of The Midnight Lamp, nella quale Hendrix si diletta con il clavicembalo elettrico.

A quel punto, però, il gruppo non ha più retto alle tensioni legate al successo e Jimi, che faceva sempre più uso di droga, per la quale è stato anche arrestato a Toronto, litigava spesso con i compagni, i quali non avevano più intenzione di essere solo dei comprimari. A causa di alcune beghe legali poi, Chas Chandler si è ritirato dalla produzione. Così, nel 1969 gli Experience non esistevano già più. Redding se n’è andato e il chitarrista lo ha sostituito con Billy Cox.
Nell’agosto dello stesso anno Hendrix, Cox, Mitchell, con l’aggiunta del chitarrista Larry Lee e dei percussionisti Jerry Velez e Juma Sultan, si sono esibiti al Festival di Woodstock, sotto la denominazione Gypsy, Sun And Raimbows. Per volontà dello stesso Hendrix la sua band è stata l’ultima a esibirsi alla tre giorni di musica e pace, ma a causa dello slittamento di orario, causato da alcuni ritardi precedenti, l’esibizione del chitarrista di Seattle anziché di domenica e finita per essere presentata soltanto il lunedì mattina, quando ormai la maggior parte della folla aveva fatto ritorno alla vita quotidiana. La sua versione dell’inno americano suonato con la chitarra distorta è diventata uno dei simboli del festival.

 

Hendrix a Woodstock

Una parte ridotta della band quindi, con Cox al basso e Buddy Miles alla batteria, si è esibita sempre nel 1969 al Fillmore East, dove ha registrato l’ottimo live Band Of Gypsys. I Gypsy, Sun And Rainbows, infatti, sono stati sciolti quasi subito dopo Woodstock, per un ritorno alla formula del trio cui Hendrix era più affezionato.

Un altro progetto di quel periodo è la creazione a New York di un proprio studio di registrazione, gli Elecrtic Lady Studios, dove Jimi ha passato parecchio tempo, incidendo pezzi da solo e jam con amici occasionali, che andranno in seguito a creare una vasta schiera di lavori usciti solo dopo la sua morte.

Nonostante i numerosi problemi, Hendrix ha lavorato intensamente anche nel 1970, soprattutto in tour accompagnato da Mitchell e Cox. In giugno il chitarrista è volato in Europa per alcuni concerti nei paesi del nord, tra i quali spicca la famosa esibizione all’Isola di Wight.
Il 6 settembre, sull’Isola di Fehmarn, in Germania, Jimi Hendrix ha tenuto la sua ultima esibizione dal vivo. Il 18 dello stesso mese, infatti, è stato trovato morto in un letto del Samarkand Hotel di Londra, ufficialmente per soffocamento causato da un’ingestione di barbiturici.

Hendrix a Monterey

Dopo la sua morte sono state trovate negli archivi degli Electric Lady Studios centinaia di ore di registrazione. Affidati dagli eredi al produttore Alan Douglas, i nastri sono stati periodicamente immessi sul mercato, andando a costituire una vastissima discografia postuma di capolavori che hanno allargato a dismisura i canoni della musica, rivelando il più grande chitarrista rock di tutti i tempi.

Non è difficile pensare, con un pizzico di rammarico, che se Jimi Hendrix non fosse stato stroncato in giovane età dalla morte avrebbe di sicuro raggiunto altri sbalorditivi traguardi, poiché ultimamente stava sondando terreni come quello del jazz e dell’avanguardia, per non parlare della sua probabile unione a Emerson, Lake and Palmer, incontrati sull’Isola di Wight..

Jimi Hendrix è passato attraverso la scena musicale di fine anni ’60 come un uragano, spazzando via ogni cosa si è trovato di fronte. In soli tre anni ha combinato di tutto; tre anni in cui il mondo del rock si è spostato dal suo asse e niente è stato più come prima. Oggi Jimi riposa presso il Greenwood Memorial Park di Renton, a Seattle. Il vuoto che ha lasciato nella musica, a oltre 40 anni dalla sua scomparsa, non ha ancora trovato nessuno che sia stato in grado di riempirlo.

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